martedì 9 dicembre 2014

Spolverando la mia libreria e un po’ anche la mia vita

I libri sono oggetti vivi e spesso ti raccontano due storie, quella scelta dall’autore e quella del particolare momento in cui li hai letti. E così, ogni volta che spolvero a fondo la libreria, e prendo uno per uno in mano quei mattoncini pieni di pagine, ripercorro le tappe principali della mia esistenza. Quei romanzi mi parlano e mi ricordano chi sono e da dove vengo. Devo preoccuparmi o capita anche voi?

Credo che sia soprattutto per questo motivo che ho voluto una libreria a tutt’altezza, proprio davanti alla porta d’ingresso; ho sempre letto tantissimo, sin da quando ero bambina; i libri per me sono stati rifugio e consolazione, compagnia e scoperta, divertimento e tristezza, amore e sentimenti negativi. Qualche volta, un libro mi ha persino indicato la strada da percorrere. 

Virginia Woolf ha scritto: “Talvolta penso che il Paradiso sia leggere continuamente, senza fine”; ogni tanto l’ho pensato anch’io. Quando avevo vent’anni e mi chiudevo nella mia stanza a leggere ininterrottamente per intere giornate, mi capitava di immaginare – con terrore - cosa avrei fatto se, com’è accaduto a Don Chisciotte, qualcuno mi avesse murato la stanza dei libri.

E così, mi basta prendere in mano certi libri, che per me hanno acquistato un significato particolare, per innescare tutta una sorta di pensieri.

Il ritratto di Dorian Gray è stato il primo vero amore per un romanzo classico; ce lo consigliò in classe l’insegnante di italiano in seconda liceo; per anni, da allora, non ho mai più aperto un romanzo contemporaneo; solo classici, tanti classici, decine e decine dei romanzi più belli mai scritti. Credo che il mio amore per la letteratura sia nato in quel momento; è stato allora, forse, che in me è cominciata a maturare l’idea di laurearmi in lingua e letteratura inglese.

Non ti muovere di Margaret Mazzantini mi fa venire in mente il giorno in cui la mia amica Silvia, moltissimi anni dopo, mi spiegò perché, invece, bisogna leggere anche i bei romanzi contemporanei, soprattutto quelli che nascono nella propria lingua madre. Mi si aprì un mondo di interessantissimi autori italiani e cominciai a divorare anche letteratura contemporanea.

Una stanza tutta per sé, di Virginia Woolf, di cui conservo tante copie, in tante diverse traduzioni, mi fa venire in mente le prime lezioni di letteratura inglese alla Sapienza e la mia amicizia con La castellana. Ne abbiamo parlato tante volte, abbiamo sviscerato ogni singola frase di quel libro. La mia stanza tutta per me io l’ho sempre avuta, ma non voglio dimenticare che, ancora oggi, ci sono donne a cui questo diritto è negato.

Noi ragazzi dello zoo Berlino… credo di averlo letto in seconda o in terza media, all’epoca me lo prestò la mia compagna di classe Lisa. Se non ho mai neanche provato a fumare una Marlboro in vita mia, penso di doverlo proprio alla lettura di questo romanzo. Grazie Lisa. Non che io sia mai stata incline alle dipendenze, ma, forse, le letture giuste mi hanno formata anche in questo senso. Dovrò ricordamene ogni volta che metterò un libro nelle mani dei miei figli.

Tutti i libri di Kundera mi riportano ai primi anni della mia storia con Roberto, quando, quasi ogni venerdì, prendevo un treno da Roma a Modena, per trascorrere il week-end con lui. In quel periodo avevo una vera fissazione per Kundera; nella tratta Roma-Modena e ritorno ho letto ogni singola pagina uscita dalla sua penna, saggi compresi. Appena mi sedevo sul treno aprivo il libro e lo richiudevo solo quando giungevo a destinazione. Mi hanno fatto tanta compagnia.

Follia di Patrick MacGraw mi racconta, oltre alla storia avvincente nascosta tra le sue pagine, una domenica pomeriggio, a Modena, con il cielo grigio e Roberto di turno in ospedale. Mi ero da poco trasferita e mi sentivo molto sola. Quel romanzo mi ha tenuta incollata tutto il giorno a sé, allontanando la tristezza. Per fortuna, di domeniche pomeriggio in solitaria non è ho avute molte, perché Modena mi ha regalato anni di bellissime e intense amicizie.

Il maestro e Margherita e un po’ tutti i più classici russi mi riportano agli anni dell’Università a Roma; alle nottate trascorse a parlare di letteratura, alle discussioni sul senso della vita, ai sogni e alle paure, alle amicizie intense di quel periodo.

Il danno di Josephine Hart mi fa ricordare che, contrariamente a quanto si afferma nel romanzo, le persone che hanno subito un danno non sempre sono pericolose, anche se sanno di poter sopravvivere, e non necessariamente sono tormentate e fatali. C’è anche un altro modo di affrontare il dolore; le persone che hanno subito un danno possono anche essere felici.

Frankenstein e Cime tempestose mi ricordano una ventenne sognatrice che, quando andava a letto, apriva un libro; se la storia le piaceva, era capace di chiuderlo solo quando lo aveva terminato, il mattino seguente. Così, senza neanche un minuto di sonno, si alzava, faceva una doccia, mangiava qualcosa di goloso e scappava a seguire le lezioni all’università.

Autodafé di Elias Canetti rappresenta, infine, il libro perfetto. Dopo Autodafé è stata tutta una ricerca al romanzo che mi prendesse di più, ma non l’ho ancora trovato… Autodafé resta, senza alcuna ombra di dubbio, il mio romanzo preferito.


E voi? Quali sono i libri che più avete amato o a cui vi sentite più legati da ricordi speciali?

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2 commenti:

  1. Hai ragione, i libri parlano anche di noi lettori e sono una miniera preziosa. Ho sempre pensato che leggere un libro è un pò come conoscere anche se stessi. Di libri che amo ce ne sono davvero tanti, però rimane la sensazione che il mio preferito debba ancora leggerlo.

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    1. Quella sensazione di cui parli, e cioè che il libro preferito sia quello ancora da leggere, è bellissima. Io credo di averla persa un po'...

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