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In questi giorni, finalmente, si
parla tanto di lavoratori con partita Iva, grazie soprattutto alle novità introdotte nel cosiddetto Jobs Act 2016. Ieri sera se n’è discusso
anche a Ballarò. Ero stata invitata a partecipare, insieme alle altre partite
Iva che sono state presenti, ma non mi è stato possibile per motivi
organizzativi. La mia domanda, però, quella che mi sarebbe piaciuto porre in
trasmissione, la voglio fare comunque. Resterà senza risposta, ma pazienza,
ritengo utile in ogni caso parlarne. Infatti, uno degli aspetti più positivi
della discussione sul Jobs Act 2016 è che finalmente si parla di partite Iva in
maniera diversa. Si parla di diritti del popolo delle partite Iva come non s’è
mai parlato prima, il che è sicuramente un bene, così come è un bene che siano
state introdotte alcune tutele. Certo, però, è solo il primo passo; la strada si
presenta ancora lunga e tortuosa…
La domanda che avrei posto, se
fossi andata in trasmissione, avrebbe riguardato la maternità, argomento che mi
sta particolarmente a cuore, in quanto donna e mamma.
Nel post Mamme con partita Iva: servono più tutele, avevo raccontato la mia storia, e in realtà in quell’occasione
avevo già posto la mia domanda. Tra il 2008 e il 2012 ho lavorato poco per le
ragioni che avevo esposto nell'articolo appena citato e così, quando nel 2012
sono rimasta nuovamente incinta e sono andata a chiedere la maternità, mi è
stato risposto che non avevo contribuiti a sufficienza perché, appunto, negli
anni precedenti avevo lavorato poco. Poi, per un caso fortuito e fortunato, ho
ricevuto una chiamata per una breve supplenza a scuola (all’epoca ero iscritta
in terza fascia) e… l’assegno di maternità che mi era stato negato come
lavoratrice con partita Iva, mi è stato invece riconosciuto come insegnante precaria. Qualcuno potrebbe spiegarmi perché? Perché alle
donne con partita Iva vengono fatti i conti in tasca sui contributi? Attualmente
io, come tutti gli iscritti alla gestione separata, pago un’aliquota INPS del
27,72% (che è altissima, se la confrontate con quella di altre categorie di
lavoratori), e cosa ricevo in cambio? Non mi posso ammalare, se restassi
nuovamente incinta dovrei sperare di aver accumulato abbastanza contributi per
prendere almeno un assegno ridicolo e, con grande probabilità, se e quando
andrò in pensione mi spetterà una miseria.
Sulla maternità, il Jobs Act 2016 qualche
passo avanti lo fa ma… ritengo che sia basilare pensare anche al fatto che una lavoratrice con partita Iva debba avere il diritto
di ricevere un compenso, durante la maternità, come tutte le altre lavoratrici;
né più, né meno; indipendentemente dai contributi versati, come accade per altre categorie di lavoratrici.
La mia è stata una seconda
gravidanza difficile; una lavoratrice appartenete ad altre categorie avrebbe giustamente avuto il diritto di
astenersi dal lavoro, anche anticipatamente, percependo una retribuzione. Perché
una donna con partita Iva non deve avere lo stesso diritto?
Se vuoi leggere lo statuto del lavoro autonomo, lo trovi qui
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