sabato 17 ottobre 2009

Mamma e freelance: è difficile ma si può

Lavorare come freelance presenta indubbiamente alcuni vantaggi:
  • essere il capo di se stesse;
  • avere orari (più o meno) flessibili.

Quando ufficio e casa coincidono, possiamo aggiungere alla lista anche
  • la riduzione a zero dei tempi per raggiungere il posto di lavoro, il che ci risparmia lunghe code imbottigliate nel traffico, o, in alternativa il dover correre a prendere treni o autobus cronicamente in ritardo e superaffollati;
  • la possibilità di starserne davanti al pc in tuta e scarpe da ginnastica, senza un filo di trucco e con i capelli non proprio impeccabilmente pettinati (sì; lo so, l’immagine è agghiacciante, ma giuro che cerco di essere presentabile).

Purtroppo, però, gli svantaggi sono di più. Potrei fare una lista infinita, ma non è necessario perché sono tutti riconducibili al dio di tutte le difficoltà: essere prese sul serio.
Se poi per lavoro scrivi (o traduci, che poi è più meno la stessa cosa di scrivere) le difficoltà aumentano e spesso nella testa delle persone che mi circondano leggo: Ma perché è un lavoro scrivere? Sì; e poi ancora sì.

É stata proprio Wonderland, con questo suo post, a spingermi a raccontare la mia esperienza. Perché lavorare come freelance e essere presa sul serio si può. Tra mille difficoltà, ma si può. Anche se l’unica possibilità è farlo da casa perché non ci si può permettere un ufficio o perché si vive in un posto in cui l’office sharing ha la stessa possibilità di esistere di un UFO.

Ho ricominciato a lavorare quando figlia professionista aveva tre mesi e all’inizio la mia giornata tipo era più o meno quella che descrive Wonderland. Poi, però, vuoi per la rabbia, vuoi per spirito di sopravvivenza, ho messo le cose in chiaro, guadagnandomi spazio e rispetto.
Mi sono decisa a iscrivere la bimba al nido, tra sensi di colpa e voglia di lasciare il lavoro, e le cose pian piano sono migliorate. Dalle 8.30 alle 13.00 io lavoro, cascasse il mondo, lavoro. E lavoro anche nel pomeriggio, durante il sonnellino di figlia professionista.
Quando accendo il pc, che si trova in una zona "riservata" del soggiorno, il resto del mondo lo lascio fuori. Se, per esempio, mio marito mi chiama per chiedermi: Cara, puoi chiamare l'idraulico? Rispondo: Non posso sono in ufficio. Se mi telefona mia madre perché vuole illustrarmi l’ultima ricetta della torta alle pere rispondo: Non posso parlare adesso, sono in ufficio. E sono in ufficio anche se il cesto della biancheria deborda; se il pavimento della cucina è sporco; se manca il pane. Tutte queste cose le rimando al tardo pomeriggio, alla sera, o a quelle giornate in cui il lavoro scarseggia.

Certo, quando invece le cartelle da redazionare o tradurre aumentano, e le circa 6/7 ore al giorno che in genere dedico al lavoro non mi bastano, oppure se la bimba si ammala, le cose si complicano notevolmente, ma con un po’ di organizzazione, tanta pazienza e qualche inevitabile momento di nervosismo, ci si riesce.

Il punto, penso, è che per risultare credibili agli altri, dobbiamo crederci soprattutto noi stesse. Non dico che sia facile, perché mentirei; non è facile per niente, però non è nemmeno impossibile.

Ah! ovviamente, per la frase sono in ufficio mi prendono tutti molto in giro. Ma almeno mi lasciano lavorare in pace.

17 commenti:

  1. Concordo con te. Mio marito lavora da casa anche lui e, se dovessi un domani ingranare con la traduzione, condivideremmo lo stesso ufficio.
    Però io continuo a credere che, nonostante gli altri pensino di poterti disturbare, è sempre meglio lavorare da casa che in un ufficio. Secondo me il pendolarismo è la morte. Io non ce la facevo più!

    RispondiElimina
  2. Io ci scherzo molto, perchè mi piace prendermi in giro, ma anche io ho adottato i miei sistemi per lavorare da casa, e non ho mai smesso.
    Certo, devo organizzare bene il mio tempo e essere pronta a gestire degli inconvenienti (figlia malata, lavatrice irrimandabile, telefonata all'amministratore...), ma per il resto sono davvero felice di come vanno le cose.
    Ho imparato a ragionare in modo differente, ma soprattutto ho imparato a gestire il tempo.
    E, cosa non secondaria, a dire di NO, come dici tu...

    RispondiElimina
  3. Come ti capisco! Io studio, ma il risultato è lo stesso: farlo in casa è un'impresa. Anche con la baby sitter (visto che non abbiamo nonni) è una vera impresa, è davvero necessario imporselo, altrimenti soccombi sotto tutte le faccende domestiche che ti balzano all'occhio.
    vistodalei.splinder.com

    RispondiElimina
  4. Magari per quella frase ti prendono in giro, ma è un vero colpo di genio! :)

    RispondiElimina
  5. Stefania, il pendolarismo non l'ho mai provato, ma immagino che sia molto molto faticoso.

    Mammafelice, concordo con te, a volte la soluzione sta nell'imparare a ragionare in maniera diversa. La parola d'ordine è organizzazione; qualche volta non ci si riesce, ma in quel caso pazienza.

    Arianna, credo che studiare sia ancora più faticoso che lavorare. Trovo che ci voglia molta più motivazione. Quindi in bocca al lupo!

    Tobina, non è genio, è spirito di sopravvivenza :)

    RispondiElimina
  6. E' vero è difficile, ma è anche vero che si può...
    E molto dipende dal fatto che chi scrive per lavoro, in fondo in fondo non viene mai preso sul serio. O piuttosto, deve fare una fatica enorme per spiegare quello che devi fare e per motivare il bisogno di un cincinino di concentrazione per poterlo fare. E' un tantino frustrante, sì.
    Comunque, alla fine, io ho preferito tornare in ufficio...e dopo un anno e mezzo di pendolarismo medio, ho avuto anche la fortuna di vedermelo recapitare a 500mt da casa mia.

    RispondiElimina
  7. Ecco, l'ufficio a 500 metri da casa è veramente invidiabile. Vicino, ma non proprio dentro casa. è perfetto. semplicemente perfetto.

    RispondiElimina
  8. quando ho letto "Ma perché è un lavoro scrivere?" non ho potuto che sorridere: ho fatto per qualche mese la copywriter e effettivamente chiunque avesse la terza media si sentiva in diritto di mettere becco nel mio lavoro, perché a scuola gli avevano insegnato a scrivere, appunto.
    con risultati osceni, soprattutto quando era il cliente a proporre le sue idee, e non si avevano le palle per rimetterlo al suo posto (ma se te lo vuoi scrivere da solo, l'annuncio, perché rivolgersi a una agenzia pubblicitaria?!).
    una volta l'amministratore (!!) mi contestò che avevo usato la virgola, seguita da "e".
    mi disse: alle elementari mi hanno insegnato a non usare "virgola e".
    ho dovuto fargli leggere l'incipit dei promessi sposi...

    laura da modena

    RispondiElimina
  9. Laura, trovo che lavorare con le parole sia bellissimo, e se non siamo comprese pazienza. Oh! Guarda: ho usato la virgola seguita da e.

    RispondiElimina
  10. Laura, quanto hai ragione! E' la cosa più triste e mortificante.
    Ancora non ho digerito l'ultima pretesa di un buzzurro che mi ha praticamente costretta ad un rapporto scritto non voluto, imponendomi di usare le parole "progettualità" e "arredativo". Aaaargh!
    Però mi consolo col fatto che anche l'art director ha il suo bel da fare per rendere la parte visual più...leerdammer :) (che anagrammato dà una parola molto pregnante)
    E quando aggiorno il mio portfolio, devo sempre inserire la versione del cliente e quella che sarebbe piaciuta a me: altrimenti mi vergogno.

    RispondiElimina
  11. eleonora, non mi tentare, ho giurato a me stessa di essere diplomatica (professionalmente parlando), non puoi tirare in ballo le mostruosità che talvolta ci chiedono di scrivere (o anche di tradurre). altrimenti mi prudono le dita e la tastiera parte da sola a fare un elenco che... mannaggia!

    RispondiElimina
  12. PROVA PROVA PROVA...cara, provo a lasciare il primo commento da anonima..ti dico solo questo: io sono pendolare da una vita e mezza, prima all'università e adesso con il lavoro. Mi sparo quasi 4 ore di viaggio...INVIDIAAAAAA!!!!
    Ciao Dalia

    RispondiElimina
  13. Accidenti, quattro ore di viaggio sono veramente tante.

    RispondiElimina
  14. Mi auguro che un giorno, anche non troppo presto, l'importante è che quel giorno arrivi, rivedendoci possiamo dire "ne è valsa veramente la pena". Mi ripeto...ma volevo dirlo sul tuo blog.
    Umanisticamente V.

    RispondiElimina
  15. Io credo che valga sempre la pena tentare di realizzare i propri obiettivi. Il risultato non è garantito, ma una cosa è certa: se non ci provi l'insuccesso è assicurato.

    RispondiElimina
  16. Ciao Apprendista mamma! Sono Valentina, una neo-mamma freelance come te, alle prese con l'organizzazione della propria vita lavorativa e casalinga. Ho trovato il tuo blog cercando su google: " Mamma freelance"! Ed ecco la risposta a tutti i miei quesiti a portata di clic! Volevo complimentarmi per i contenuti del tuo blog e dirti che anch'io a volte cado nello sconforto, ma poi mi rendo conto che, per il mio carattere, la libera professione (intellettuale e organizzativa) è davvero l'unica alternativa! A presto sul tuo blog
    Valentina

    RispondiElimina
  17. Ciao Valentina: che bello trovare il tuo commento a un post così datato. La mia vita da mamma freelance è comunque sempre la stessa. Un enorme caos e adesso che il lavoro è aumentato il mio orario di ufficio va dalle 6.00 (che sonno!) alle 13.3o. Comunque, anche per come sono fatta io, la libera professione è la soluzione migliore!

    RispondiElimina