lunedì 29 maggio 2017

Perché l’addio di Totti è stato poetico

A volte la poesia si manifesta dove non te l’aspetti. Ieri, guardando la partita della Roma e poi l’addio di Totti, mi sono commossa e non riuscivo a capire perché; poi l’ho capito. Mi sono commossa perché trovo che ci sia stata una certa componente di poesia.

La poesia non è solo quella che leggiamo tra le pagine ingiallite di un libro. La poesia certe volte è nell’aria, nella vita. E io penso che, in un mondo di mercenari, un uomo che è rimasto fedele alla stessa squadra per 25 anni, così come si può restare fedeli agli ideali o ai propri sogni, sia poetico. Il calcio non mi interessa granché, anche se sono una moderata tifosa romanista, ma mi interessano molto le persone, con le loro storie, soprattutto quelle poetiche. E trovo che la storia di Totti lo sia. Avrebbe potuto cedere alla lusinga di squadre molto più blasonate, dove avrebbe potuto innalzare molte più coppe e vantare molti più scudetti. Ma ha preferito restare sempre “a casa” e di quella casa è diventato il simbolo.

È questo punto. Non è il calcio, non è la Roma, non è una futile questione tra tifosi. Il punto è la persona. Una persona che ha avuto, ed ha, un grande forza: Totti è un po’ come l’eroe buono per cui ti viene voglia di tifare quando guardi un film o leggi un libro. Totti ha la forza e la comunicatività di chi incarna un sogno, la favola. Si potrebbe obiettare che correre dietro a una palla sia un sogno piuttosto frivolo, ma come dicevo prima, non è questo il punto.

E comunque non si tratta solo di questo. L’addio di Totti mi ha fatto pensare all’amarezza del tempo che passa. A quei momenti in cui provi nostalgia, ancor prima che passino completamente. Forse perché siamo quasi coetanei e capita anche a me di sentirmi più o meno così. Dentro la testa gli stessi sogni e la stessa voglia di una ragazzina, fuori i limiti di un corpo che ormai comincia a mostrare qualche segno del tempo che passa. E non credo di essere stata l’unica a provare un’empatia, a identificarsi. Nella vita di ognuno di noi c’è un momento, una fine, che vorremmo non arrivasse mai. E spesso quel momento è legato al fatto che, inevitabilmente, invecchiamo. Totti lo ha detto chiaramente: se avesse potuto, se non avesse avuto 40 anni tra le gambe, avrebbe continuato all’infinito. E non importa se quell’infinito consistesse nel prendere a calci un pallone. Non si può giudicare la consistenza di un sogno. E se partendo da un sogno che qualcuno giudica superficiale arrivi a trascinarti dietro una folla, allora hai vinto tu e meriti tutta la stima del mondo. 

Nessun sognatore vorrebbe mai essere svegliato dal proprio sogno.


Sono una sognatrice anch’io. Ecco, forse, perché ho trovato che ci fosse poesia. Ecco perché mi sono commossa.

Immagine tratta da Wikimedia Commons

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