Stanno andando a scuola. È sabato. I giovani sono più
allegri il sabato. Si pensa alle uscite serali, ai fidanzatini, a cosa fare nel
week-end. Non è difficile immaginare quanto forte sia la vita su certi autobus,
la mattina.
Quel sabato, alle 7.45, smette di essere un giorno come
tanti. Una bomba esplode davanti a una scuola portandosi via Melissa e rubando
l’adolescenza a Veronica, e non solo a lei.
Quel sabato mattina, due genitori, immersi nella propria normalità,
ricevono una notizia incomprensibile che gli dilania il futuro.
Quel sabato mattina, altri genitori sospendono le proprie
esistenze per vivere ore di angoscia, nelle sale di aspetto di un ospedale.
Quel sabato mattina, sei ragazzine, che si erano svegliate
dai propri letti perfettamente sane, combattono per restare in vita. Melissa non ce
la fa. Le altre riporteranno segni atroci sul corpo e nell’anima.
Tutto ciò è accaduto perché qualcuno, da solo o insieme a
qualcun altro, ha immaginato, progettato e realizzato questo efferato delitto.
E non diteci che se non si è trattato
di criminalità organizzata allora dobbiamo avere meno paura. Lo scenario alternativo è altrettanto angosciante, dilaniante, sconvolgente.
E non diteci nemmeno che è stato il gesto isolato di un folle” perché suona riduttivo. L'uso delle parole è importante, perché è dal modo in cui le mettiamo una dietro l'altra che si formano le opinioni e le sensibilità.
Non si è trattato di un gesto; è stato un crimine
atroce e chi l’ha commesso non è un folle, è un assassino. Assassino che spero tanto non resti impunito.
Oggi, mentre sono seduta nella mia normalità, non riesco a non pensare a quei genitori colpiti da un lutto così incomprensibile e così dilaniante. Mi pongo tante domande, a cui non trovo risposte.
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