martedì 22 maggio 2012

Le passioni, quelle cucite sulla pelle


In questi giorni di avvenimenti terribili, mi sento un po’ accartocciata su me stessa. Ho voglia di scrivere, ma faccio fatica a trovare gli argomenti giusti. Tutto mi sembra banale e fuori luogo.
Però, pensandoci un po’, ho deciso di rispondere pubblicamente a F., una ragazza di 18 anni che mi ha scritto per farmi alcune domande. La sua breve e-mail mi ha fatto particolarmente piacere. Insomma, è sempre molto bello per me ricevere due righe da chi mi legge, ma se chi mi legge è una giovanissima che potrebbe essere quasi mia figlia, allora diventa emozionante.
F. mi ha chiesto che studi ho fatto e se mi sono stati utili per fare il mestiere che ho scelto. Deve iscriversi all’Università e vuole essere sicura di compiere la scelta giusta. Le ho già risposto in privato, ma oggi voglio risponderle meglio.
Non so quale sia la scelta giusta, ma posso raccontare la mia storia.
Quando, nel lontano 1994 (o era il 1995?) scelsi di iscrivermi a lingue, mi dicevano che fosse un corso di laurea pressoché inutile e che sarei stata disoccupata a vita. Mi consigliavano medicina. Io non volli sentire ragioni. Avevo chiaro il mio obiettivo professionale: fare la traduttrice, preferibilmente in campo letterario. Scelsi “La Sapienza” perché volevo seguire le lezioni di Agostino Lombardo. Nella vita ho sempre avuto due passioni: la traduzione e il teatro. Agostino Lombardo è stato, oltre che critico e meraviglioso professore di letteratura inglese, uno dei maggiori traduttori italiani di Shakespeare. Dunque, per me, era un mito: rappresentava la sintesi delle mie passioni.
Quelle lezioni appassionate di Critica e filologia shakesperiana, che ho seguito assiduamente per anni, al di là degli esami che avrei dovuto fare, hanno avuto il potere di alimentare ulteriormente le mie passioni, fino a cucirmele sulla pelle.
La passione è contagiosa ed è un motore pazzesco. Ti porta a superare i tuoi limiti. Ti spinge lontano. 
Quando mi sono laureata, ho accettato un lavoro come segretaria, ma ho continuato a coltivare i miei sogni, finché, dopo aver cambiato tre uffici in un anno (ero un tantino irrequieta), ho trovato la prima occupazione che somigliava ai miei desideri. Scrivere sceneggiature di filmati che venivano usati in corsi di aggiornamento professionale per medici, i cosiddetti corsi ECM. Non era teatro, ma si trattava comunque di scrivere dialoghi, di cercare attori che li recitassero, di realizzare una messa in scena. Non era traduzione, ma era scrittura, che non sono poi due cose così diverse. Dopo qualche anno di questo bellissimo lavoro, ho sentito forte l’esigenza di mettermi a tradurre e di farlo come libero professionista. Grazie all’esperienza in azienda, avevo acquisito molto del linguaggio della medicina e questo mi ha consentito di buttarmi, con non poca incoscienza, nel mercato della traduzione medica come freelance. Era il periodo a cavallo tra il 2004 e il 2005.
La passione per il teatro e per la traduzione mi ha portata quindi in una direzione che non avevo previsto, ma mi ha comunque portata laddove mi piace stare.
Quello che vorrei dire a F. è dunque questo. Io non ho risposte, ma sono certa di una cosa: i sogni vanno custoditi e coltivati. L’università non è un luogo in cui si va solo per fare esami, l’università è un posto meraviglioso, in cui aprire la mente. Seguire i corsi, partecipare ai seminari, anche a quelli che non sono direttamente finalizzati agli esami, aiuta, talvolta, a rimanere in contatto con le proprie aspirazioni. Le passioni si coltivano, inoltre, leggendo, informandosi, avvicinandosi ai contenuti con senso critico, curiosando in giro. È un periodo economicamente difficile e il lavoro scarseggia. Per farcela bisogna avere dunque una marcia in più. Quella marcia in più che viene dalla curiosità, dalla voglia di sapere e di formarsi sempre più, sempre meglio.
Non è impossibile trovare il proprio percorso professionale in questo mondo un po’ disfatto, ci vogliono solo determinazione e un po’ di fantasia.

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